Famiglia, lavoro nero e altre storie...

Oggi è difficile “farsi” una famiglia, è un impresa : lavoro, casa, figli…senza l’aiuto della famiglia d’origine, che a sua volta è un “Impresa”.

Ma cosa vuol dire Impresa?  Stefano Zomagni, professore di Economia Politica, dice che  “la Famiglia vale il 25 % del PIL italiano, ma nessuno lo rende noto”.

Se si considera il lavoro di cura della famiglia e calcoliamo la spesa che ci sarebbe per l’assistenza agli anziani, colf, babysitteraggio, educazione dei figli, etc. etc. arriviamo al 25 per cento della ricchezza che il paese produce ogni anno.

Altri paesi sono più furbi e considerano il lavoro prodotto in famiglia una ricchezza e quindi hanno per la famiglia una cura particolare dal punto di vista normativo e fiscale.

Se è vero che il lavoro nero vale il 20% del PIL italiano, possiamo TRISTEMENTE affermare che l’Italia ha evitato di finire in bancarotta (fino ad ora) grazie alla famiglia e al lavoro nero!

Ma c’è di più. Per contrastare il lavoro nero si prevedono norme per l’emersione e incentivi per farlo diventare lavoro normale, la famiglia invece è stata totalmente ignorata dai governi di destracentrosinistra che si sono succeduti: si parla di famiglia solo da un punto di vista etico, morale o religioso, come se il problema della famiglia italiana oggi è quello di capire se i genitori possono anche essere gay. Balle.

La famiglia è un Impresa non solo perché è il luogo degli affetti, della formazione, della solidarietà, della progettualità, del futuro, ma anche perché produce valore e mercato, beni e servizi.

Proposte? Si.

 In Italia qualche timido esempio comincia ad affacciarsi sul panorama normativo, alcune Leggi Regionali come per esempio in Toscana, Emilia Romagna e Veneto, prevedono esplicitamente la famiglia come modello referente del nuovo Welfare.

Comincia a farsi strada il concetto di Distretto Familiare, sull’esempio dei distretti Industriali, un distretto che metta in rete a livello territoriale imprese, lavoratori, associazioni di consumatori, enti locali, famiglie, associazioni di terzo settore.

In Europa è già attivo, ma non solo. Esistono anche finanziamenti previsti per questo.

Occorre una modalità nuove di fare politica di sostegno alle famiglie, non nel senso assistenziale, bensì politiche locali basate sulla “sussidarietà relazionale” cioè tra i soggetti della società in modo autonomo, oltre a quelle note previste dalla Costituzione (sussidiarietà verticale – Stato-Regioni- Provincie-Comuni - e orizzontale – Istituzioni e Società Civile).

 

Investire sulla famiglia per lo stato, non significa perdere risorse, ma guadagnarne nuove ed uscire, stavolta veramente, dalla crisi economica.

Pino Parisi